L’imprenditore carpigiano, che alla prima prova del Campionato italiano di Elica ha messo in palio il trofeo intitolato alla memoria del padre Gianpaolo, ha scoperto il tiro a volo intorno ai trent’anni ma la pratica di pedana è divenuta in breve un elemento insostituibile del suo tempo libero
Piacerebbe molto anche a Pupi Avati questa storia ambientata nelle contrade emiliane, principalmente tra Modena e Bologna. Una storia di grandi sfide imprenditoriali, di managerialità sana fatta di lavoro e di passione e di attività sportiva che si incrocia con la vita quotidiana e ne diviene elemento insostituibile. È la storia di Gianguido Tarabini: l’imprenditore di Carpi che, quando non indossa il blazer che gli impone il ruolo di Amministratore Delegato di uno dei più noti brand italiani dell’alta moda – Bluemarine –, veste invece volentieri il gilet da tiro e si misura con le eliche e con i piattelli. Già, a proposito, ecco subito un bel dilemma perfino per un imprenditore avvezzo ad affrontare e risolvere i problemi: meglio l’elica o il piattello?
“È una bella domanda – dice Gianguido Tarabini – che rischia però di rimanere inevasa. Perché il mio contatto con il tiro a volo nasce con l’elica in una maniera alquanto insolita: dopo un lungo periodo di militanza venatoria, quando avevo intorno ai trent’anni un amico mi propose di andare a sparare all’elica a Quistello. Pur maneggiando armi da quando ero ragazzino, ammetto che in quel momento non sapevo assolutamente di cosa si trattasse. Conoscevo il tiro a volo e le discipline del piattello, pur non avendo mai praticato fino ad allora, ma dell’elica proprio non sapevo niente. Decido di seguire il suggerimento del mio amico e vado a sparare a Quistello. E devo dire che è stata un’illuminazione immediata. Mi sono appassionato subito e mi sono anche accorto che, pur essendo un debuttante, ottenevo risultati migliori di altri tiratori più navigati. Da lì a tornare a sparare a Bologna altre volte e a convincersi che effettivamente quello era lo sport per me, il passo è stato breve!”
Ma non abbiamo ancora sciolto il nodo della domanda iniziale. Insomma: eliche o piattelli..?
“Sono convinto – prosegue Tarabini – che resteranno a lungo presenti nella mia vita sia le une che gli altri. Ultimamente mi diverto molto a sparare anche al piattello. Sparo qualche volta alla Fossa Universale, ma più frequentemente all’Olimpica. Diciamo che concordo pienamente con la teoria che recita: sparare aiuta a sparare. Inoltre la pratica del tiro a volo è efficacissima per contrastare lo stress del lavoro. Io ho un’azienda e quindi un lavoro molto impegnativo. Per me andare a sparare è un modo per star bene! Sono tesserato a Bologna e per me frequentare la Società di Casalecchio di Reno significa sentirsi a casa, ma è altrettanto vero che ormai in ogni campo di tiro mi sento davvero a casa.”
E il curioso soprannome Tarash Borotalco come nasce?
“È nato a Roma, durante una riunione di Elica in cui ho fatto peraltro degli ottimi risultati. Tarash è il nome che campeggia ben visibile sul lato del mio inseparabile berretto da tiro. È il soprannome che gli amici avevano già attribuito a mio padre Gianpaolo ed è il soprannome che ho ereditato anche io. In quella riunione di cui dicevo, in cui ho fatto 15/15 il primo giorno e 12/12 il secondo, dopo questo exploit un po’ tutti mi indicavano come uno dei favoriti per le gare successive e, dal momento che molti non conoscevano il mio nome, iniziò a diffondersi il modo di indicarmi con quel nickname che leggevano sul berretto a cui si aggiunse il termine borotalco, perché di borotalco facevo uso a piene mani per agevolare il contatto del calcio sulla mia guancia. Presto detto, divenni per tutti: Tarash Borotalco. Ed è un nickname che sto conservando volentieri. Almeno sui social…!”
Gianguido “Tarash Borotalco” Tarabini con Antonio Passalacqua che a Bologna ha conquistato il trofeo intitolato alla memoria di Gianpaolo Tarabini Castellani
Esistono punti di contatto tra un’attività sportiva come il tiro a volo e un’attività professionale come quella del manager di un’azienda italiana che rappresenta un brand prestigioso dell’alta moda?
“Effettivamente sono mondi molto diversi e apparentemente molto distanti. Mi sono divertito a provare a sintetizzare i due mondi quando ho creato un gilet per il tiro all’Elica. Avrei potuto provare a sbarcare in grande stile nel mondo del tiro con una linea di abbigliamento dedicato, ma, anche per un innato senso della misura, ho preferito circoscrivere questo intervento all’ambito che conoscevo meglio: quello dell’Elica, appunto. Le discipline del piattello, e in particolare quelle olimpiche, sono molto tecniche e quindi anche l’abbigliamento risente inevitabilmente delle singole specificità. No, non volevo essere aggressivo: non intendevo creare un capo tecnico: mi piaceva semplicemente introdurre un capo di abbigliamento che potesse contribuire a rendere un po’ più elegante il nostro modo di vestire quando andiamo in pedana.”
“Punti di contatto tra i due mondi ce ne sono – prosegue Tarabini – se prendiamo in considerazione ad esempio l’atteggiamento mentale che si deve assumere in entrambi i casi. Sul lavoro aiutano molto la concentrazione e la grinta e queste sono le stesse armi che utilizzi nello sport. E poi, la competizione: un elemento essenziale nello sport. Ma anche nel lavoro un po’ di sana competizione aiuta eccome! Anche perché nei 41 anni di vita della nostra azienda, che mio padre Gianpaolo Tarabini Castellani e mia madre Anna Molinari hanno creato appunto nel 1977, molti aspetti sono cambiati nel mondo della moda. E’ entrata in maniera prepotente la grande finanza, si sono creati grandi gruppi che vorrebbero fagocitare tutto il possibile: quindi, se vuoi conservare le prerogative di azienda a carattere familiare come abbiamo fatto sempre noi di Bluemarine, allora devi appellarti alla qualità del prodotto, allo stile, alla specifica capacità artigiana: tutti elementi che un grande gruppo non potrà mai riuscire ad imitare. Ed è un po’ come nello sport: ogni gara è una gara diversa e te la giochi in base alla passione, alla grinta e alla determinazione che sei in grado di mettere in campo!”